Il correttivo ha innovato in gran parte le procedure di allerta e le disposizioni inerenti la risoluzione della crisi, ma ha quasi del tutto trascurato la disciplina riguardante la liquidazione giudiziale quasi a confermare ( ma così non sarà) la natura residuale di tale istituto.
E, pur avendo inciso sull’art. 216 ( articolando operativamente la vicenda dell’ordine di liberazione) ,ha tuttavia perso l’occasione per meglio disciplinare il latente conflitto di poteri venutosi a creare, con il nuovo Codice della crisi, tra Giudice Delegato e Curatore.
Come ho già avuto modo di segnalare in un mio precedente scritto, il comma 2 continua a stabilire, come il vecchio art. 107 L.Fall., che le vendite devono avvenire attraverso procedure competitive, anche mediante il ricorso a soggetti specializzati; di esse si occupa il curatore o un soggetto delegato, secondo le modalità stabilite dal giudice delegato (il quale può disporre anche in conformità del codice di procedura civile, cfr. comma 3).
E qui pare che il legislatore abbia, nel tentativo di rinvigorire il ruolo del Giudice Delegato, commesso qualche passo falso, senza tuttavia porvi rimedio.
Non vi è dubbio che, anche per quanto è dato leggere nella relazione ministeriale, “Il giudice delegato, nella prospettiva della riforma, è destinato a riacquistare, dunque, un ruolo centrale poiché a lui è affidata la determinazione delle modalità di liquidazione dei beni, attualmente rimessa alle scelte del curatore”; dunque disponendo che le vendite possano essere certamente svolte dal Curatore o dal delegato alle vendite ma secondo le modalità stabilite con ordinanza del Giudice Delegato, o anche direttamente dal medesimo Giudice Delegato quando dispone che le vendite vengano effettuate secondo le disposizioni del Codice Civile, in quanto compatibili.
La norma, però, andava meglio coordinata con la disposizione dell’art. 213 che, tratteggiando il programma di liquidazione, sembra attribuire al curatore, come è sempre stato, il potere di determinare la strategia e le modalità della liquidazione.
Ed infatti, “il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione del comitato dei creditori”, ma ancor più “ 3.Il programma è suddiviso in sezioni in cui sono indicati separatamente criteri e modalità della liquidazione dei beni immobili, della liquidazione degli altri beni e della riscossione dei crediti, con indicazione dei costi e dei presumibili tempi di realizzo.
Dunque quelle stesse “modalità” che, del pari, sono “stabilite con ordinanza del Giudice Delegato” all’art. 216.
La conclusione che si ricava dalla lettura sistematica delle due norme a me sembra possa essere solo quella di riconoscere una innaturale compressione dei poteri del Curatore che viene limitato, nella sua ampia autonomia di scelta della strategia e modalità di vendita da esplicitarsi nel programma di liquidazione, dal superiore potere riconosciuto al Giudice Delegato al quale, fuori da ogni logica, viene demandato il compito di stabilire le regole di cessione con propria ordinanza.
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